Era passato piu' di un anno e mezzo dall'ultimo incontro con Pier, e finalmente ieri sera ce l'abbiamo fatta, tra ritardi, telefonini scarichi, mezzi di trasporto irrecuperabili e tre gentili e sconosciute amiche che lo hanno accompagnato. Serata col nostro Marylin Manson nostrano, tra vecchie foto e ricordi di San Francisco, elucubrazioni senza soggetto a tarda notte, nostalgie sui 10 anni che ci conosciamo, la sorpresa di ritrovarci piu' in forma di quando ci siamo lasciati l'ultima volta, e con l'idea di provare a sentirci un po' piu' spesso di quanto facciamo ora.
Il pomeriggio anche oggi evapora in delicati toni di grigio, tra le pagine di un libro che ho appena iniziato e che si chiama "Il cacciatore di aquiloni": in una giornata curva e pallida di nebbia e colline, le parole trasportano in un Afghanistan innevato e blu, tra capre, moschee e bambini. Ho anche ritrovato a Broni un piccolo diario indiano, in cui a volte scrivevo, e che credevo di aver perso tra i mille traslochi degli ultimi anni. Una piccola poesia di allora, senza data:
Libero.
A interloquire
con segnale a frequenza,
amplificato
muto
carrillon in viva voce.
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