Ennesima giornata anonima, ma almeno ho recuperato qualche ora di sonno mattutina, in una breve ma necessaria mini-convalescenza da sabato pomeriggio. Comincia a farsi sentire una tale stanchezza di tutto, una gran "noia di vivere", come dice Battiato, che nemmeno questo settembre caldo e ventilato riesce a lenire.
A parte qualche uscita in compagnia, le giornate sono sempre quelle, scandite da lavoro e casa in un'altalena che si muove veloce ma con le corde allentate, pericolosa.
Oggi però ho visto i tetti dal balcone di Vanessa, e insieme abbiamo guardato le nuvole e giocato con Ale e i suoi pentolini di plastica riempiti di sabbia, che si trasformava magicamente ora in gelato al cioccolato, ora in minestrone per il tavolo quattro.
Lo scorso weekend sono stata bene, a parlare con Sara in treno e tra le calli di Venezia, e poi con Silvia, Morgan e Fabio in una nostalgica rimpatriata padovana, tra spritz e tachiflu dec; sono riuscita anche ad ammalarmi, e a guarire per forza di cose a far fronte al tanto lavoro, al poco tempo per me, ai troppi pensieri che mi popolano e stancano più di tutto.
Ogni giorno sogno per qualche minuto il Dove vorrei essere, il Lontano da qui ed Ora: il più gettonato per adesso pare essere il Messico, probabilmente per quell'idea di libertà e trasgressione letteraria che porta con sé, sicuramente poco vicina alla realtà locale e troppo influenzata dai libri, dai beat, dal cinema; oggi però pensavo che vorrei stare sul postale norvegese, tra il freddo, i fiordi e le casette rosa, a salire piano fino all'aurora boreale, e a provare il "giorno di notte" che non riesco proprio a immaginare.
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