mercoledì 17 ottobre 2007

Viviamo strani giorni...


E' strano che la possibilita' di interagire col mondo mi venga data da un computer in una vecchia stanzina dove da piccola dormivo coi miei nonni e da un ormai antidiluviano modem a 56k; sono di ritorno nell'oziosa collina del post precedente, dopo gli "strange days" che ho trascorso quasi "in volo", presa tra mille piccoli grandi eventi; non so se il tempo sia passato troppo veloce o troppo lento, o magari semplicemente seguendo il solo ritmo delle cose: un colloquio di lavoro in Inghilterra finito in niente, la visita di Carlo dopo anni che non ci si vedeva, il nostro Arettino che e' stato malissimo e che mio e suo malgrado ha fatto giornaliere visite alla clinica veterinaria, le facce di persone che mi hanno fatta sentire come in una foto o in un film, tutti uguali a com'erano, figli e qualche capello bianco a parte. Mi viene da chiedermi se poi io sono davvero cambiata come avrei voluto o sono sempre quella, come gli altri, come tutti, oppure se la proiezione che si ha di se' dipenda esclusivamente dal "con chi" e dal "dove", tendendo a farci sentire diversi e plurali se in fase esplorativa, e uguali a noi stessi, piu' singolari, insomma, se ci guardiamo indietro e riscopriamo i volti e le voci di chi ha popolato il nostro passato.

Sono qui da un mese, giorno piu' giorno meno, e come al solito in testa c'e' il tiro alla fune del vado-nonvado, il senso di estraniamento che si prova a riveder le cose con una certa commozione per il passato accompagnata da un vago ed apprensivo interesse verso il presente o il prossimo futuro, quel senso cosi' umano di appartenere a un luogo che subito dopo lascia il passo a quell'ansia costru-distruttiva del poi, del domani, che toglie il gusto dell'oggi come chi pensa all'amaro alla prima forchettata di antipasto: comicio a capire di piu' il taoismo, il rincorrersi di sole e buio, maschile e femminile, e l'equilibrio che segue il caos in ogni piccola grande cosa e in ogni singolo pensiero.

Sto leggendo un libro fantastico, si chiama Neve, di Pamuk: la contradittoria ricerca di spiritualita' e semplice felicita', le mille domande che ci si pone quando si ritorna, il passato che fornisce rispote vaghe ed elusive. E' decisamente perfetto per condire con un po' di letteratura lo stato d'animo del momento, nonostante il sole lucido e autunnale di qui.

La foto: Neve, appunto. (Caprile, marzo 2007)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho lurkato per qualche settimana sul tuo blog, ma questo post è un assist che non posso mancare: ciao Simo!
Raul

Simona ha detto...

Oddio, mi sa che mi sono rincoglionita...chi sei, Raul?

Anonimo ha detto...

Urka! Il mio ego ne risentirà alquanto :-(
Vedi se ti torna la
memoria
E se ti va scrivimi!
Così ti racconto cosa ho combinato negli ultimi...mmm...10 anni?
Raul