Piccole partenze, così definirei quelle verso luoghi già visti, dove il bello dell'ignoto, dell'aspettarsi qualcosa senza davvero conoscere posti e gente, viene in qualche modo meno, sostituito da una sorta di déja-vu senza troppe nostalgie, quasi metodico e banale. Se ci si va per un lavoro, poi, si sa già dal principio che non ci sarà tempo per fronzolare (neologismo, credo, che rende l'idea), ma ci si dovrà limitare all'essenziale: andare, negoziare macchinari, prezzi, cenare in qualche upmarket restaurant di poco carattere, senza vivere il viaggio. In fondo, però, va bene lo stesso, è una scusa per staccare un po' dalla pioggia, dal freddo, dal grigio incombente che non se ne va: il mese della primavera ci ha lasciato solo presagire il bello del sole e del cielo azzurro, e per ora non si decide a virare verso giorni più miti e leggeri. Chissà se l'Asia saprà darmi un po' di tropici umidi...E intanto stasera arrivano le Amiche, a festeggiare il compleanno di Sam con la sua seconda pancia, e io di nuovo mi sento un po' zia e un po' sorella, un po' compagna di baldorie e un po' convoglio di emozioni, così dev'essere credo, quando ci si conosce da così tanto tempo e con tale intensa profondità.
Ripenso alle facce della Gilda di sabato sera, allo sconforto di aver perso qualcuno, di nuovo, di così vicino, alle note campionate di De André e Capossela a far da tramite tra noi e ciò che fatichiamo a capire. Penso al distacco forzato, all'ironia di chi crede davvero che la morte abbia un significato, dopotutto, e mi vien da dire che sono dei poveri idioti, senza offesa...a parte il solenne insegnamento che nulla è eterno, che si deve imparare a vivere anche "senza" ciò che pareva scontato, non vedo altre magie nella biologica, ma spesso forzata, fine della vita.
L'ha detto anche Luca, nel suo discorso rotto ma fortissimo di sabato mattina: la vita è un sogno. Voleva dire, credo, che è bello esserci, ma che è qualcosa di irreale, di fragile, di metafisico. Il risveglio invece, tutt'altra cosa. "Il risveglio dal sogno/ forse uccide/ mai tradisce", dice una canzone.
Un piccolo cane, bianco e rosso, steso in mezzo alla strada, falciato da qualcuno che non ha ritenuto opportuno nemmeno fermarsi, che pareva dormire con le zampe sul muso, come un bambino. Come si fa a non piangere silenziosi? Non è solo mera analogia, è dolore vero e proprio per chiunque non volesse andarsene, non così, non per crudeltà e fretta.
Ci si rintana allora in ciò che di reale, tangibile esiste: nella presenza di parole, messaggi, in mille negoziazioni per comprendersi, nella lontananza che tale non sembra, in Cri vicino nonostante i chilometri, nel modo intenso in cui riesco a tenere i piedi per terra grazie a qualcuno che mi fa da zavorra, che semplicemente mi dice "succede". Lo so, hai ragione, succede. E' semplice, così banale, così vero: succede. So anche che mi proteggerai.
martedì 1 marzo 2011
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